Firma Ora per la Chiesa di Torino
Con profondo rispetto e filiale devozione, noi, fedeli della Diocesi di Torino, ci rivolgiamo a Vostra Eminenza per esprimere la nostra sincera e crescente preoccupazione riguardo alle recenti decisioni che stanno interessando la riorganizzazione delle nostre comunità parrocchiali. Il nostro amore per la Chiesa, la nostra fedeltà al Vangelo e la nostra adesione al Magistero ci spingono a manifestare un disagio che, purtroppo, si sta diffondendo in ampie fasce del popolo di Dio a noi vicino, anche alla luce della Sua recente lettera del 20 giugno 2025, in occasione della festa della Consolata.
Comprendiamo appieno le sfide che la Chiesa di oggi si trova ad affrontare, in particolare la diminuzione delle vocazioni sacerdotali e la necessità di adattare le strutture pastorali ai tempi che cambiano. Siamo consapevoli che la riorganizzazione è un processo complesso e talvolta doloroso, ma crediamo fermamente che debba essere condotto con la massima trasparenza, un dialogo aperto e un profondo rispetto per le comunità e per i sacerdoti che vi operano.
È proprio su questi aspetti che, con grande rammarico, sentiamo il dovere di richiamare la Sua attenzione, poiché le modalità con cui alcune decisioni sono state comunicate e attuate hanno generato un malcontento diffuso e un senso di disorientamento tra i fedeli.
Il nostro appello non nasce da un desiderio di contestazione fine a se stesso, ma da un profondo desiderio di contribuire al bene della nostra diocesi e di preservare la vitalità delle nostre parrocchie, che sono il cuore pulsante della vita cristiana.
Siamo convinti che un ascolto più attento delle voci dei fedeli e una maggiore condivisione dei percorsi decisionali possano rafforzare il tessuto ecclesiale e favorire una riorganizzazione che sia realmente fruttuosa e non fonte di divisione e sofferenza.
Il malcontento tra i fedeli della Diocesi di Torino non è un fenomeno isolato, ma una conseguenza diretta di decisioni e modalità operative che hanno generato profonda amarezza e senso di smarrimento.
Le decisioni sembrano essere state prese senza un reale coinvolgimento delle comunità, dei consigli pastorali e senza un confronto aperto con i parroci stessi.
Sacerdoti e fedeli si sono spesso trovati di fronte a comunicazioni unilaterali, talvolta improvvise, generando frustrazione e senso di abbandono.
Questo approccio contrasta con lo spirito di sinodalità promosso dal Santo Padre e dal Concilio Vaticano II.
In molte realtà, i fedeli assistono all'allontanamento o al trasferimento di sacerdoti stimati, appartenenti a ordini religiosi, capaci di creare legami autentici e animare la vita parrocchiale.
Si percepisce una contraddizione tra la lamentata carenza di vocazioni e la rimozione di coloro che rivitalizzano le parrocchie, attraendo nuovi fedeli, inclusi giovani e famiglie.
Tali decisioni lasciano interdetti coloro che vedevano proprio in quei sacerdoti un punto di riferimento spirituale e umano.
Voi, Eminenza, riconoscete che il cambiamento avviato è "impegnativo" e che "in alcuni casi queste novità possano suscitare sconcerto e fatica", affermando che "non è difficile immaginare l’immediato futuro: esso vedrà nascere collaborazioni più strette fra le parrocchie vicine, modificarsi il modo di esercitare il ministero da parte dei presbiteri".
Ciò che Voi definite "modificarsi il modo di esercitare il ministero" si traduce, nella realtà delle nostre comunità, in un sovraccarico insostenibile per molti sacerdoti. L'affidamento di due, tre o anche più parrocchie a un singolo presbitero, spesso anziano o prossimo alla pensione, non è una "collaborazione più stretta", ma una diluizione della presenza pastorale che mina gravemente la cura delle anime e rappresenta un rischio per la vitalità delle comunità.
Un sacerdote, per quanto zelante, non può essere fisicamente presente in più luoghi contemporaneamente, né può dedicare il tempo necessario all'ascolto, alla formazione e all'accompagnamento di comunità così vaste e diverse.
Molti fedeli vivono questi cambiamenti come una perdita:
del parroco,
della centralità della propria chiesa,
della comunità come luogo di incontro e solidarietà.
Nelle periferie urbane e nei piccoli centri, il parroco è spesso l’unico punto di riferimento umano e spirituale.
L'allontanamento improvviso, e la rarefazione di celebrazioni e momenti di condivisione, alimenta un senso di vuoto e disorientamento.
In un tempo già segnato dalla frammentazione sociale, ciò può accelerare l’allontanamento dalla vita ecclesiale.
Apprezziamo l'intento di valorizzare il ruolo dei laici, un principio fondamentale del Concilio Vaticano II e costantemente richiamato dal Santo Padre. Tuttavia, le modalità con cui questo viene attuato nella nostra diocesi generano una profonda preoccupazione. La sinodalità è un "cammino che si fa insieme", un ascolto reciproco tra pastori e popolo di Dio, un discernimento comunitario.
Ciò che invece percepiamo è una riorganizzazione calata dall'alto, dove le decisioni sono già prese; la partecipazione dei laici e la corresponsabilità sembrano ridursi a una mera esecuzione di compiti, quasi a "fare il mestiere dei sacerdoti". La vera corresponsabilità non significa "sostituzione", ma "complementarietà". I laici hanno una vocazione specifica e insostituibile nella Chiesa e nel mondo, che non è quella di supplire alla mancanza di sacerdoti, ma di animare le realtà temporali con lo spirito del Vangelo, di essere "sale della terra e luce del mondo" nei loro ambiti di vita.
La sinodalità non è una strategia per sopperire alla carenza di clero, ma una dimensione costitutiva della Chiesa, che richiede un cambiamento di mentalità a partire da un dialogo vero e non solo formale.
Alla luce delle preoccupazioni espresse e del malcontento diffuso, noi, fedeli della Diocesi di Torino, rivolgiamo a Vostra Eminenza un accorato e filiale appello. Non desideriamo contestare l'autorità episcopale, né mettere in discussione la Sua missione di pastore. Al contrario, è proprio per il bene della nostra Chiesa diocesana che Le chiediamo di voler riconsiderare le decisioni prese e di aprire un nuovo percorso di dialogo e discernimento.
Chiediamo a Vostra Eminenza di voler avviare un processo di revisione delle decisioni che hanno generato maggiore sofferenza, in particolare quelle relative agli spostamenti dei sacerdoti, al loro allontanamento e agli accorpamenti parrocchiali. Siamo convinti che sia possibile trovare soluzioni che, pur tenendo conto delle sfide attuali, preservino la vitalità delle comunità, valorizzino il carisma dei sacerdoti e dei religiosi presenti, e promuovano un senso di unità e appartenenza.
Le chiediamo, inoltre, di voler ristabilire un clima di fiducia e collaborazione tra la Curia diocesana, i sacerdoti e i fedeli. Un dialogo aperto e sincero, basato sull'ascolto reciproco e sul rispetto delle diverse sensibilità e carismi, è l'unica via per superare le divisioni e costruire insieme una Chiesa più forte e più missionaria.
Con la fiducia che il nostro appello sarà accolto con la paterna sollecitudine che Le è propria, e con la certezza che il bene della Diocesi di Torino Le sta a cuore quanto a noi, Le assicuriamo la nostra preghiera e il nostro impegno a continuare a vivere e testimoniare la fede nelle nostre comunità.
Auspichiamo che, attraverso un Suo illuminato intervento, si possa ristabilire la serenità e l'unità nel popolo di Dio, per il maggior bene della Chiesa e per la gloria di Dio.
Con filiale rispetto e devozione,
Fedeli della Diocesi di Torino